Le stigmate di Padre Pio sono scientificamente inspiegabili.
“Esoterico” deriva dalla parola greca antica ἐσωτερικός (esotericos), derivato da ἐσώτερος (esoteros, interiore).
Gli studi esoterici sono in origine quelli sulla natura interna dell’uomo, che portano, attraverso l’introspezione, alla riscoperta di noi stessi, alla conoscenza della nostra “natura interna”, della Verità.
La figura di padre Pio è quindi molto esoterica, e affermando questo nessuno mi può, penso, contraddire.
E’ per questo motivo che voglio condividere con i lettori di questo blog questo bel post pubblicato dall’unione Cristiani razionali sul mistero più grande di padre Pio: le stigmate.
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La figura di Padre Pio è certamente legata all’Italia profonda, alla fede popolare alla quale talvolta non mancano eccessi di sentimentalismo e fanatismo.
Ma esiste anche una sana e autentica devozione, come ha spiegato molto bene Andrea Acali su Il Tempo.
Ricordando, oltretutto, che il santo di Pietrelcina portò alla fede centinaia di persone, convertì anche numerosi comunisti, duri e puri, come ad esempio Italia Betti, comandante partigiano soprannominata la “vestale rossa dell’Emilia” che, dopo essersi recata a San Giovanni Rotondo, stracciò la tessera del Pci e si ritirò a vivere sul Gargano come terziaria francescana.
Capì soltanto allora cos’è la vera radicalità del vivere, altro che marxismo.
Di Padre Pio abbiamo già parlato in un precedente articolo, smontando la leggenda secondo la quale venne perseguitato dalla Chiesa.
Non è così, come appunto abbiamo ricostruito.
Legato a questo c’è il caso delle stigmate, cioè le piaghe sul corpo comparse su Gesù Cristo in seguito ai traumi subiti durante la sua passione.
Piaghe che comparvero anche sul corpo di Padre Pio e che scatenarono un intenso dibattito scientifico, nel quale ebbe anche un ruolo padre Agostino Gemelli.
Al caso si interessò poi l’ex Sant’Uffizio nel 1921.
Com’è noto, padre Gemelli aveva delle riserve scientifiche circa le stigmate, tuttavia non affermò affatto che fossero non autentiche. In un lettera all’assessore dell’ex Sant’Uffizio, monsignor Nicola Canali, scritta il 16 agosto 1933, spiegò di non aver mai pubblicato nulla su Padre Pio e si lamentò di essere stato mal compreso.
Nel 1924, infatti, scrisse:
«Le stigmate di San Francesco non presentano solo un fatto distruttivo, come in tutti gli altri, ma bensì anche un fatto costruttivo […]. Questo è un fatto assolutamente inspiegabile della scienza, mentre invece le stigmate distruttive possono essere spiegate con processi biopsichici».
Nella lettera a mons. Canali, respinse le accuse mossegli da un medico, il dott. Giorgio Festa, di voler riferirsi a Padre Pio:
«Evidentemente il dr. Festa ha giudicato che con tale mia assolutezza di giudizio io mi riferissi al Padre Pio […]. L’illazione è ingiusta….».
Nel 2007 lo storico anticlericale Sergio Luzzato ha avanzato dei dubbi sull’origine soprannaturale delle stigmate di Padre Pio citando la testimonianza risalente al 1919 di un farmacista, il dottor Valentini Vista, e della cugina Maria De Vito, ai quali Padre Pio avrebbe ordinato dell’acido fenico e della veratrina, sostanze adatte procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate.
Il prof. Carmelo Pellegrini e il prof. Luciano Lotti hanno tuttavia confutato il contenuto del libro di Luzzato, dimostrando che erano informazioni già note al Sant’Uffizio (le testimonianze vennero portate all’attenzione del Sant’Uffizio addirittura nel giugno 1920), rilevando anche parecchi errori da parte dello storico piemontese. Lo stesso hanno fatto nel 2008 Andrea Tornielli e Saverio Gaeta i quali, dopo aver consultato i documenti del processo canonico, hanno dimostrato l’inattendibilità delle due testimonianze poiché prodotte dall’arcivescovo di Manfredonia, Pasquale Gagliardi, acerrimo nemico di Padre Pio che sostenne una vera e propria campagna diffamatoria contro il cappuccino dal 1920 al 1930, fino a quando fu invitato a rinunciare alla guida della diocesi per la sua discutibile condotta e per aver mostrato l’infondatezza delle sue gravi accuse (F. Castelli, “Padre Pio sotto inchiesta”, Ares 2008, p. 91).
Quelle di Padre Pio, inoltre, non erano ferite o lesioni dei tessuti -come avrebbero dovuto essere se procurate con l’acido fenico- ma essudazioni sanguigne.
Lo testimoniano tutti i medici che lo hanno visitato, come il dott. Giorgio Festa che esaminò le stigmate il 28 ottobre 1919, scrivendo:
«Non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti» (S. Gaeta, A. Tornielli, “Padre Pio, l’ultimo sospetto: la verità sul frate delle stimmate”, Piemme 2008).
Si trattò di una essudazione continua, costante, notevole, solo in punti precisi e dai margini netti, che oltretutto non davano luogo a flogosi (infiammazioni) o suppurazione. L’applicazione dell’acido frenico o di materiali chimici, al contrario, provoca la consumazione dei tessuti e la conseguente infiammazione delle zone circostanti.
C’è poi tutto l’aspetto del fortissimo profumo sprigionato dal sangue coagulato, constatato dai medici e da chiunque esaminasse le stigmate.
Un profumo discontinuo e non constante, al contrario di chi fa grande uso di profumi. Gli elementi comunque sono tanti e sono stati tutti ben approfonditi.
Nel 2009, in occasione di un convegno a San Giovanni Rotondo, il professor Ezio Fulcheri, docente di Anatomia patologica all’Università di Genova e di Paleopatologia all’Università di Torino, ha dichiarato di aver esaminato a lungo il materiale fotografico e i documenti sulle stigmate di Padre Pio, concludendo:
«Ma quali acidi, quali trucchi… Diciamolo una volta per tutte, sgomberando il campo da ogni equivoco e sospetto: le stimmate di Padre Pio da Pietrelcina sono inspiegabili scientificamente. E anche se, per ipotesi, se le fosse prodotte volontariamente, martellandosi un chiodo sulla mano trapassandola, la scienza attuale non sarebbe in grado di spiegare come quelle ferite profonde siano rimaste aperte e sanguinanti per 50 anni».
Ha poi proseguito:
«Faccio notare che nel caso di Padre Pio ci trovavamo ancora in era pre-antibiotica, e dunque la possibilità di evitare infezioni era ancora più remota di oggi. Non posso immaginare quali sostanze permettano di tenere aperte le ferite per cinquantanni.Più si studia l’anatomia e la fisiopatologia delle lesioni, più ci si rende conto che una ferita non può rimanere aperta com’è accaduto invece per le stimmate di Padre Pio, senza complicazioni, senza conseguenze per i muscoli, i nervi, i tendiniLe dita del frate stimmatizzato erano sempre affusolate, rosee e pulite: con ferite che trapassavano il palmo e sbucavano sul dorso della mano, avrebbe dovuto avere le dita gonfie, tumefatte, rosse, e con un’importante impotenza funzionale. Per Padre Pio, invece, le evidenze contrastano con la presentazione e l’evoluzione di una ferita così ampia, quale ne sia stata la causa iniziale. Questo è ciò che dice la scienza».