L’ultima strega di Triora

In questo week-end mi sono imbattuto, sul sito dell’ANSA, in questa notizia che mi ha ricordato tantissimo le mie due nonne, meravigliose ‘streghe naturali’ come amavano definirsi.
Ho pensato, quindi, di rilanciare questa bella storia anche sul mio blog.
Prima, però, di passare al breve articolo in oggetto volevo ricordare la drammatica storia delle streghe di Triora (fonte: www.genovagolosa.it)
Il processo alle streghe di Triora, fu insieme a quello di Salem, uno degli eventi più drammatici e collettivi di un’epoca tristemente nota tra il XIV e il XVI secolo, proprio, come “caccia alle streghe”.
Al di là della spettacolarizzazione macabra che queste storie hanno avuto anche attraverso il cinema, si trattò di eventi drammatici che fotografavano con una certa esattezza un clima culturale, soprattutto nelle vita contadina, che aveva in qualche modo sincretizzato cristianesimo e antiche credenze pagane, in un mix di superstizioni e violenze.
Nonostante la chiesa nei secoli precedenti avesse avuto il merito di estirpare violenti e sanguinosi riti pagani, in quell’epoca il proliferare delle eresie portò a una progressiva severità dell’istituzione ecclesiale sino a atti che ancora oggi fanno inorridire per la loro gratuità e violenza.
L’inquisizione, il tribunale religioso, parallelo a quello laico, divenne in quegli anni un apparato che perseguiva ogni tipo di presunta forma di irregolarità rispetto alla rigida norma religiosa. L’accusa di stregoneria poteva arrivare con una semplice delazione, e le confessioni estorte dopo terribili torture andavano ad avvalorare e dare corpo a una materia, sostanzialmente inesistente.
Nel 1587, nel ponente ligure, nel paese di Triora da circa tre anni ci sono dei problemi nella raccolta del grano per una grave siccità. Nella zona, conosciuta come il granaio della Repubblica per la ricchezza dei suoi raccolti, cresce una grande preoccupazione accompagnata dal malcontento della popolazione. La mancanza di pioggia, secondo una consolidata superstizione, viene attribuita a un sortilegio e comincia una ricerca spasmodica degli artefici della “fattura”. Sospetti e dicerie che mettono in moto le cariche pubbliche e religiose della zona alla ricerca del capro espiatorio della difficile situazione; indagini che saranno influenzate dalla paranoia e dalla superstizione. Furono identificate, in una prima fase, venti donne. Occorre dire, per essere chiari, che le pratiche superstiziose a quei tempi erano talmente diffuse ancora parallelamente al cristianesimo che accusare qualcuno di stregoneria era semplicissimo. Questo, ovviamente, non aveva nulla a che fare con la siccità.
Il podestà di Triora, Stefano Carrega, procede con gli arresti e chiede al doge di Genova e al vescovo di Albenga di procedere all’invio degli inquisitori per poter iniziare il processo.
Arriva da Genova Girolamo del Pozzo che raccoglie le testimonianze dei trioresi circa le attività di stregoneria delle prigioniere e su queste si riversa un’ondata di accuse incredibili.
Erano loro secondo i trioresi a provocare, tempeste e carestie, far morire donne gravide, bambini e bestiame oltre alle empie attività sessuali con il demonio che venivano attribuite alle streghe.
A questo punto l’inquisitore istruisce il processo formalmente: sequestra alcune case che adibisce a prigioni, a camera d’interrogatorio e tribunale.
Le torture sortiscono l’effetto d’indurre le donne a confessioni e rivelazioni che hanno l’unica ragione di fermare i supplizi sui loro corpi.
E la lista delle streghe dopo le “confessioni” si allunga.
Da venti si arriva a più di duecento nomi. Il ponente ligure è attraversato da una vera e propria tragedia.
Il Doge di Genova preoccupato per l’andamento di questo processo chiese, attraverso il vescovo, delle spiegazioni all’inquisitore e le risposte non furono per nulla rassicuranti: “La donna morta era stata torturata senza riguardi perché era robusta e perché era rea confessa di adorazione del demonio (… )Che la donna che era caduta dalla finestra si era suicidata su istigazione del diavolo (…) Che le bruciature alle piante dei piedi delle donne erano lievi e queste erano riuscite a tornare in cella sulle loro gambe e infine (…) Che la stanza della tortura era troppo piccola per fare un buon lavoro.”
L’inquisitore concluse dicendo che gli arresti erano terminati ma il Vescovo gli intimò di liberare le donne di rango più alto per evitare problemi con le famiglie più influenti. L’inquisitore obbedì ma continuarono le torture e la prigionia per le altre.
Arrivò a Triora, inviato da Genova, un commissario civico, il suo nome era Giulio Scrivani che riprese le indagini e gli interrogatori. Morirono così altre donne sotto i ferri dell’aguzzino.
Non ci furono però i roghi che tutti si aspettavano anche se furono individuate altre quattro streghe nei paesi vicini a Triora, Andana e Montalto.
Ci fu però una svolta importante: il processo venne trasferito a Genova e tredici donne, quattro bambine e un bambino insieme a un uomo, vennero rinchiusi nella torre grimaldina e fu istruito un altro processo. Arrivarono a Genova anche le ultime persone arrestate.
Nel 1588 il processo si concluse con una condanna al rogo per tutti gli imputati. Nel frattempo, erano morte per gli stenti e i maltrattamenti altre cinque donne.
Nel 1589 avvenne una svolta: il processo subì una revisione e la sentenza di condanna al rogo venne annullata. Si sa ben poco di cosa portò a tale conclusione e di chi riuscì a evitare una simile barbarie, si sa soltanto che tutti i prigionieri vennero trasferiti a Roma e che da lì in poi di loro non si seppe più nulla.
Nel ponente ligure continuarono periodicamente episodi di questo genere.
Nel 1631 furono condannate a bruciare vive due sorelle accusate di aver “seminato” la peste. Furono arse vive nel piazzale del Santuario della Misericordia a Savona.
Così come vengono ricordati ma è giusto sottolineare, senza precisi riferimenti storici, dei roghi che sarebbero stati allestiti nell’area di Banchi a Genova fuori da quella che allora era la porta di S. Pietro.

*–*

“Un tempo mi avrebbero sicuramente messa al rogo: pur facendo del bene, mi avrebbero bruciata come strega cattiva”. A parlare è Antonietta, detta Chetta, 94 anni, esperta di erboristeria e considerata per questo l’ultima “strega” di Triora (Imperia), che oggi ha ricevuto dal sindaco Massimo Di Fazio e dal suo vice, Giovanni Nicosia, le “chiavi della città”.
La consegna dell’onorificenza è avvenuta nell’ambito di Strigòra, mostra mercato della stregoneria, che per tutto il giorno anima l’antico borgo medievale dell’alta Valle Argentina tristemente noto per l’inquisizione delle streghe, con bancarelle, visite guidate, spettacoli musicali e di teatro. Nel corso della mattinata è stata anche consegnata la cittadinanza onoraria al giornalista e conduttore televisivo Osvaldo Bevilacqua, al quale si deve la notorietà di Antonietta, la “signora delle erbe”.
“Ho cominciato da piccola, perché mio padre era un contadino, racconta all’ANSA Antonietta. Cercava l’erba buona e quella cattiva, così mi ha insegnato come utilizzare le varie piante.
Ho imparato in montagna, perché mi sono sposata ad Arma di Taggia, ma sono venuta ad abitare qui a Triora, il paese di origine di mio marito”.
Conclude Antonietta: “La mia passione è continuare a conoscere le erbe. Tanti mi chiedono quale pianta serve per ogni male e io cerco di consigliare loro quella più appropriata. Ho insegnato a tanti ragazzi a curarsi con le erbe”.
Soddisfazione da parte del giornalista Bevilacqua, che per Triora prova un “amore con la A maiuscola” e aggiunge: “Ho conosciuto questo paese tanti anni fa, incuriosito da tutta questa storia che ho seguito non soltanto in giro per l’Italia, ma anche negli Stati Uniti. Le donne che si occupavano di ‘medicina’ spontanea con le erbe, venivano accusate di stregoneria, nei casi peggiori messe al rogo, bruciate e, negli altri casi, che non sono da meno, torturate, come è stato a Triora”.

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