I bagni nella foresta.
Il ‘forest bathing’ o bagno di foresta è da anni considerato una vera e propria pratica di medicina preventiva nella terra del Sol Levante.
Trascorrere regolarmente periodi immersi nella quiete dei boschi aiuta a rafforzare le difese immunitarie e a prevenire malattie, le persone sono più felici quando sono circondate dagli alberi.
Un’immersione e un contatto con la natura che ci aiutano a connetterci attraverso le sensazioni fisiche dei cinque sensi.
Un bisogno urgente e pressante, che l’ultima emergenza sanitaria, ha messo ancora più in evidenza.
La tecnologia, infatti, ha contribuito ad allontanare l’uomo dalla natura, che si è “ammalato” di “tecnostress” e quando siamo al chiuso tendiamo a usare solo due sensi, la vista e l’udito.
Entrando in comunione con la natura, si aprono i sensi a nuove esperienze: annusare i fiori, assaporare l’aria fresca, ammirare le variazioni di colore degli alberi, udire il canto degli uccelli e percepire la brezza sulla pelle.
Un’esigenza biologica che prende il nome di biofilia, una teoria avanzata nel 1984 dal biologo americano E.O. Wilson.
Viene comunemente tradotto come “bagno nella foresta” e deriva dal termine Shinrin-yoku, che unisce i kanji di “foresta” e “bagno”. Il termine Shinrin-Yoku è stato coniato in Giappone nel 1982 da M.Tomohide Akiyama, allora direttore dell’ente forestale, promosso dal Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca giapponese per incoraggiare stili di vita sani, oltre che proteggere i bellissimi ambienti naturali della nazione.
Consiste nel camminare nei boschi e applicare particolari tecniche di respirazione e meditazione, uno di quei concetti che si sposa benissimo con l’ideologia giapponese.
In seguito al forte successo ottenuto in Giappone, il forest bathing ha ottenuto una grande diffusione anche a livello internazionale.
Nel 2004 ha preso avvio un importante studio sistematico dei rapporti tra le foreste e la salute umana.
Il gruppo di studio, insieme a varie agenzie governative e organizzazioni accademiche, si è posto l’obiettivo di scoprire in che modo gli alberi agiscono sul benessere dell’uomo.
Attraverso questo studio, condotto dal professor Qing Li, il massimo esperto di forest therapy, si è dimostrato in modo scientifico come tale pratica vada a rafforzare il sistema immunitario, aumentando l’energia e mitigando la depressione, l’ansia e lo stress, ed aumentando i ritmi del sonno.
Dopo la pratica i partecipanti si sentivano meno ansiosi, e la qualità del sonno migliorava notevolmente.
Inoltre, chi vive in zone povere di alberi non solo mostra livelli di stress più elevati, ma anche più probabilità di ammalarsi di cancro rispetto a chi vive in aree verdi.
La domanda sorge spontanea, qual è il meccanismo che regala questo benessere?
Ce lo spiegano, Eugenio Berardi e Fabio Castello, entrambi qualificati professionalmente come ‘forest therapy guide’ , che a Torino hanno portato questa pratica da qualche anno.
“Gli alberi rilasciano i fitoncidi, sostanze chimiche di origine vegetale prodotte dalla foresta.
I sempreverdi come i pini, i cedri, gli abeti e le conifere, sono i principali produttori di queste sostanze.
I componenti primari dei fitoncidi sono i terpeni, ovvero gli oli essenziali. Gli studi condotti portarono a evidenziare una connessione tra questa sostanza e le cellule natural killer, un tipo di globuli bianchi che aggredisce e uccide le cellule indesiderate, per esempio quelle tumorali, o infettate da un virus.
Uno degli studi condotti dal dipartimento di Psichiatria dell’Università di Mie, ha evidenziato addirittura che l’aroma agrumato del fintocide D-limonene è più efficace degli antidepressivi per migliorare l’umore e assicurare il benessere mentale ed emotivo.
Una conferma del potere degli oli essenziali arriva anche dalla Vanderbilt University Medical Center, dove si è dimostrato che la diffusione di oli essenziali nei luoghi di lavoro abbassa notevolmente i livelli di stress.”
Studi avvalorati anche dal bio ricercatore Marco Nieri, che con la tecnica del ‘Bioenergetic Landscape’, ha messo in evidenza i notevoli effetti biologici, che certi alberi producono elettromagneticamente sui vari organi del corpo umano.
La conoscenza della potenziale azione benefica delle piante sull’organismo e sulla biosfera apre nuove prospettive nel sostenere e migliorare il nostro benessere psicofisico. Ad esempio, il tiglio emette segnali molto favorevoli per tutti gli organi, ma con intensità maggiori per il sistema nervoso, quello linfatico e le mucose.
Il faggio, invece, produce effetti benefici generali, ma solitamente presenta affinità con la prostata, ovaie, sistema cardiocircolatorio e intestino tenue. L’auspicio è che, come già avvenuto all’estero, questa terapia green priva di effetti collaterali sia inserita nel programma di salute pubblica come Medicina Forestale e che i medici possano prescrivere l’immersione nei boschi come terapia.
Articolo di Alma Brunetto; pubblicato sulla rivista ‘Pharmacom n°2’ (free press).