Teoria e pratica del viaggio astrale
A tutti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di vive un sogno talmente realistico da essere convinti di non dormire, ma di vivere in carne ed ossa tale circostanza. A volte sarà capitato anche di rendersi conto di stare sognando ed in qualche modo di essere in grado di pilotare il sogno. Bene, la pratica del sogno lucido consiste proprio nel riuscire a vivere volontariamente questa condizione, e di sfruttare lo stato onirico al fine di indagare i misteri dell’uomo e del creato.
In occidente, quello che la scienza chiama sogno lucido, gli ambienti esoterici lo hanno chiamato viaggio astrale.
Questo termine deriva dal fatto che, oltre alle quattro dimensioni spaziotemporali, viene considerata una ulteriore dimensione, di natura sostanzialmente misteriosa, denominata piano astrale, nella quale soggiace l’éidolon (In greco έιδωλον significa “immagine” oppure “simulacro”), detto anche corpo astrale, la quinta componente del complesso corpo umano, riconducibile ad una sorta di natura sottile del veicolo dell’individuo.
Durante il sonno, il corpo astrale si distacca dal corpo fisico rimanendone connesso mediante ciò che viene detto cordone d’argento, e quello che viene vissuto e sperimentato nel sonno è l’avventura del corpo astrale in questo piano dimensionale svincolato dalle leggi fisiche della realtà quadridimensionale. In oriente, il buddismo tantrico del Tibet parla del corpo astrale in termini di vajrakaya, e del viaggio astrale come di yoga del sogno.
L’allontanamento dell’éidolon dal corpo fisico viene vissuto come un fenomeno di sdoppiamento dell’individuo, pertanto si parla anche di “sdoppiamento astrale”, specie se la cosa viene fatta coscientemente. In questi casi si parla anche di OBE (Out of Body Experience), ossia “esperienza fuori dal corpo”.
La pratica del viaggio astrale può verificarsi in due modalità: la prima (e più comune) consiste nella presa di coscienza durante il sonno; la seconda, nel volontario distacco dell’éidolon a seguito di opportune pratiche di rilassamento e induzione allo sdoppiamento.
Benché entrambe le modalità si fondano su una base comune, ossia avere più consapevolezza di sé, possono essere stimolate sfruttando principi differenti. Qui di seguito spiegherò tali principi.
Presa di coscienza durante il sonno
La presa di coscienza durante il sonno avviene, solitamente, dopo le prime quattro ore di sonno profondo, ovvero quando il veicolo fisico si è già in parte ritemprato e il riordino mentale è stato in gran parte già svolto. In questa fase si comincia a sognare di più ed in maniera più lucida e può succedere che, osservando gli eventi circostanti, nel momento in cui ci si rende conto che ciò che accade ha qualcosa di strano e di non comune rispetto alla quotidianità, allora si prenda coscienza di non essere nel piano fisico ma in quello astrale.
Infatti è proprio questa una delle ragioni per cui dormiamo sognando e non viaggiando in astrale coscientemente: perché viviamo l’illusione del sogno come fosse la realtà nel piano fisico.
Ora, per stimolare questo tipo di presa di coscienza è importante essere realmente più coscienti anche nel fisico: l’illusione che viviamo da svegli è la stessa illusione che viviamo dormendo, per questo non ci accorgiamo della differenza. Quindi diventa necessario risvegliare la nostra coscienza. Risvegliare la nostra coscienza vuole dire soprattutto essere più presenti, pertanto è importante sforzarsi di porre come proprio centro di gravità ‘coscientivo’ il proprio essere qui e ora.
Laddove la nostra illusione e fantasticheria mentale ci proietta, là è la nostra coscienza; quindi se viviamo proiettando il nostro pensiero al passato o fantasticando sul futuro, immaginandoci alle Maldive o costruendoci mentalmente ipotetiche situazioni di vita quotidiana, lì è la nostra coscienza, imbrigliata in un turbinio di vani pensieri.
Quando si è più presenti, si è ciò che si è, e la nostra coscienza è dove noi siamo. Per essere essere più presenti si può praticare frequentemente la cosiddetta chiave SOL (Soggetto, Oggetto, Luogo: domandarsi “Chi sono? Che faccio? Dove sono?” cercando di rendersi conto veramente di tutto questo), vivere in continua auto-osservazione, e sfruttare tecniche di risveglio della coscienza mediante la sua alimentazione energetica. Quest’ultima può essere effettuata attraverso la trasmutazione dell’energia creatrice, praticando, ad esempio, durante la giornata, il pranayama (Temine sanscrito che indica delle tecniche yoga di controllo del respiro. In occidente troviamo qualcosa di simile nell’esicasmo).
Quello che qualunque individuo può verificare su sé stesso è come proprio grazie all’alimentazione della coscienza con il pranayama, risulti essere più naturale e spontaneo praticare la chiave SOL e l’auto-osservazione stesse, generando così un processo di mutua stimolazione tra la coscienza e i metodi di risveglio della stessa.
Tutto questo deve essere coadiuvato da un diligente lavoro di eliminazione dell’ego (ossia l’insieme dei costrutti psicologici, specialmente quelli negativi, che ingenerano illusione ed incoscienza), lavoro che, anche in questo caso, è facilitato da quanto detto prima e si concretizza della meditazione e nella preghiera rivolte a questo scopo.
Se una persona si trova prigioniera in una stanza, come si può fare per sentire cosa dice? Le cose sono due: o la persona urla più forte e si fa in modo di rafforzare la sua voce per essere più efficace, o si assottigliano le pareti della stanza e le si pratica dei buchi; la condizione ottimale è abbattere totalmente le pareti della stanza e rafforzare la voce della persona.
Alimentando la coscienza se ne rafforza la voce, distruggendo l’ego la si libera dalla prigione.
Un esercizio utile è proprio quello di domandarsi continuamente: «Sono nel fisico o in astrale? Sogno o son desto?»; vedrete quanto spesso questa cosa sembri dubbia anche nel fisico.
Questa abitudine a cercare di essere presenti si ripropone durante il sonno, stimolando la presa di coscienza in astrale. Bisogna ottenere più coscienza nel fisico per avere più coscienza in astrale.
Sdoppiamento volontario
Anche in questo caso l’essere più coscienti è condizione necessaria allo sdoppiamento, ma durante la pratica vera e propria devono essere soddisfatte anche altre importanti condizioni.
Sicuramente un adeguato rilassamento del corpo è una condizione indispensabile alla pratica; è importante avere un minimo di sonno e non avere stimoli esterni che possano inficiare la pratica di sdoppiamento astrale.
Questi stimoli esterni possono essere rumori vari, temperatura inadeguata (troppo freddo o troppo caldo) e posizioni scomode.
Soddisfatta questa condizione allora si possono sfruttare alcuni elementi induttivi tipo dei mantra (alcuni mantra molto noti sono il fa-ra-on, la-ra-s, egipto, tai-re-re-re, ed altri ancora) o delle preghiere. I mantra e le preghiere hanno la funzione doppia di rilassare il corpo e tenere concentrata e viva la coscienza per restare padroni di sé durante il distacco dell’eidolon.
Naturalmente si possono invocare maestri (in linea di principio va bene qualunque maestro, specie quelli a cui il praticante è devoto, ma è chiaro che sono preferibili maestri che hanno fatto voto di aiutare l’umanità.) o parti del proprio essere (per “parti del proprio essere” si intenda quelle potenzialità illuminate dell’uomo, a lui stesso ignote in quanto connaturate con la sostanza più divina del proprio essere). Le parti dell’essere a volte si manifestano come apparizioni di entità autonome ed autocoscienti rispetto l’individuo stesso, il quale le identifica con divinità, angeli e maestri. affinché favoriscano la riuscita della pratica.
Un elemento importantissimo è l’immaginazione. Vorrei approfondire un po’ questo tema in quanto risulta rilevante per comprendere la radice comune di alcune tecniche di sdoppiamento. L’immaginazione ha la facoltà di plasmare coscientemente e volitivamente il potere operativo.
Quando la nostra immaginazione è dominata dai moti turbolenti dell’ego, diventa fantasia, fantasticheria. Ma tale fantasticare trascina dietro di sé la coscienza, così come è stato spiegato in precedenza: laddove ci immaginiamo d’essere, là è la nostra coscienza. Da qui si spiega perché spesso la pratica di sdoppiamento implica un esercizio di immaginazione da parte del praticante; alcune tecniche spiegano che ci si deve immaginare fluttuanti a qualche decina di centimetri dal letto, altre in piedi nella stanza, altre ancora in un qualche luogo (ad esempio, durante la vocalizzazione dei mantra egizi fa-ra-on e egipto ci si può immaginare tra le piramidi egizie). Questo perché nel momento in cui noi poniamo la nostra coscienza in un punto preciso, allora il passo successivo di migrazione dell’éidolon in quel punto risulta facilitato.
È importante sottolineare come proiettarsi in qualche luogo non significhi elaborare una immagine sbiadita, ma reale al punto di avere la certezza di trovarvisi. Questa attitudine al completo convincimento immaginativo volontario è qualcosa di indistinguibile dalla fede. A ben riflettere, ci si può domandare quale sia la differenza tra la fede e l’immaginazione, tra la fede e la ferma convinzione volitiva. Da qui si capiscono le parole di molti maestri quando affermano che bisogna avere una fede d’acciaio, cosa che in effetti deve essere applicata ad ogni pratica esoterica e spirituale. Questa è la chiave di comprensione del potere della fede, che è immaginazione creativa e plasmante sotto la spinta volitiva.
La motivazione
Ora, qui nasce un altro importante punto, ovvero quello della motivazione all’ottenimento dello sdoppiamento astrale indotto o della presa di coscienza nel sogno lucido. Il praticante ha bisogno di comprendere bene quale sia il motivo che lo spinge a voler vivere l’esperienza del viaggio astrale. Vale la pena spendere qualche ora di meditazione su questo punto, in quanto è solo se si ha una motivazione forte all’ottenimento dello sdoppiamento o della presa di coscienza che tale esperienza ha successo; questo per i motivi sopra esposti: una forte motivazione, stimola l’entusiasmo che diventa fede incrollabile. Tale fede è l’immaginazione attiva necessaria alla riuscita della pratica (ed in verità di ogni pratica). Spesso il fallimento dipende proprio dalla mancanza di una motivazione forte, e quindi di un requisito fondamentale per dar forza al potere dell’immaginazione e della volontà.
Compresa la motivazione, ad essa va associata la determinazione al successo nella pratica e la ferma convinzione di ottenerlo. Può essere utile darsi un obiettivo a termine, cioè determinare entro quanto tempo l’impegno nella pratica debba sortire il suo risultato. Tipicamente ci si pone come obiettivo quello di ottenere il risultato entro la notte stessa, ma a volte qualcuno è disposto ad aspettare anche una settimana.
Sapere che entro una certa scadenza si debba avere il risultato atteso, porta il praticante ad un impegno e ad uno sforzo di volontà associato ad un naturale stato di attenta percezione dei fenomeni, adatti al successo nella pratica.
Se avete trovato interessante questo argomento, trovate un altro articolo su questo blog che lo tratta; se lo desiderate potete seguire questo link.
Articolo a cura di Luigi Paioro (www.fuoco sacro.com)