La scuola esoterica di Pitagora
e filosofici, propri della scuola di Pitagora, aspetti indubbiamente notevoli e che tanto peso hanno avuto nel campo del sapere.
Poco, molto poco, si è riflettuto invece sul carattere eminentemente iniziatico ed esoterico; infatti la scuola pitagorica di Crotone fu soprattutto una società segreta, riservata ad una pleiade di allievi che vi venivano ammessi dopo essere stati sottoposti ad una severa ed ardua prova di selezione.
Alcuni studiosi, forzando forse un po’ la mano, la considerano una vera e propria loggia massonica “ante litteram”, probabilmente in considerazione al suo spirito di segretezza ed alle sue pratiche occulte.
Sono considerazioni che, come appare ben chiaro, difficilmente possono essere verificate e confutate.
Di certo si può dire che dal Tempio delle Muse di Crotone, che a sua volta mutuava riti, formule e segreti delle antiche religioni orfiche, egizie e caldei che, si irradiavano insegnamenti e dottrine che ancora oggi sono oggetto di riflessione e di studio anche nell’ambito della Libera Muratoria che, in molti tratti del suo simbolismo, si richiama al pitagorismo.
Pur nella consapevolezza che i diretti antenati della Massoneria vengono considerati le Gilde, le Corporazioni o anche ordini cavallereschi quali i Templari ed i Rosa Croce, una cosa appare certo innegabile: la comunione Pitagorica fu la prima nel mondo occidentale che in modo organico e sistematico, professava insieme all’insegnamento scientifico, l’occultismo e l’esoterismo.
Pitagora nacque nell’isola Greca di Samo, dal tagliatore di pietre Mnesarco intorno alla metà del VI secolo A.C..
Qui visse fino a quarantanni circa, quando per ragioni non ben note, si ipotizza di carattere politico, si trasferì a Crotone.
Avido di sapere, egli viaggiò in Egitto, frequentò i Caldei, visitò Creta, entrando in contatto con la cultura e la sapienza di molteplici popoli.
Dopo la caduta di Samo, sotto il potere di Policrate, come già anticipato, egli si trasferì a Crotone: tale scelta non fu certo casuale, poiché la città della Magna Grecia e le altre del bacino Mediterraneo erano legate, oltre che all’intensa attività commerciale, anche dall’alto dall’alto livello culturale da essa raggiunto, infatti tutte le arti e le scienze vi erano coltivate.
Al tempo in cui Pitagora, poco più che quarantenne, metteva piede in Calabria, Crotone era una fiorente città, famosa per la sua avanzata Costituzione, per i suoi valenti medici, per gli atleti vincitori di giochi olimpici e per le belle donne.
Erano stati dei coloni Achei a fondarla nell’VIII secolo A.C. ed era diventata, anche grazie al suo porto e alla sua posizione strategica che vi occupava, uno dei centri più attivi ed importanti del Mediterraneo.
L’impatto con la città non dovette essere motto felice.
La prima impressione che se ne ebbe non fu quella di un assennato filosofo, ma piuttosto di un mago, di un chiromante.
Il suo primo gesto fu quello di radunare tutti i giovani nel tempio di Apollo, togliendoli così dalle osterie e dai lupanari, per insegnare loro quale fosse la strada da seguire per diventare virtuosi e bravi cittadini.
Poi indusse le donne ad andare a deporre nel tempio di Giunone le loro gioie e i loro abiti trapuntati d’oro, in segno di rinuncia ad una condotta edonistica.
Egli seppe comunque conquistarsi l’ascendente sulla popolazione di Crotone e ciò mise in apprensione il Senato ed il Consiglio dei Mille; Pitagora fu convocato affinché rendesse conto sui metodi che usava per soggiogare ed ammansire animi che fino allora erano stati refrattari ad ogni disciplina.
Il filosofo affascinò con la sua forbita eloquenza anche quel consesso, e riuscì a convincere i maggiorenti che le sue idee e i suoi metodi potevano tornare utili alle istituzioni; queste ne sarebbero uscite rafforzate piuttosto che indebolite.
Fu così che Senatori e Patrizi crotoniati si lasciarono suggestionare dall’idea di finanziare la costruzione di un istituto dove il maestro potesse meglio esercitare il suo insegnamento: si trattava del coronamento di un lungo sogno! Il progetto era interamente di Pitagora.
La proposta piacque al governo della città, sicché dopo pochi anni l’edificio fu completato. Il complesso sorgeva sulla sommità di una collina ed era circondato da portici e cortili concentrici, all’interno dei quali sorgeva un monumento alle Muse.
Da qui la definizione di “Tempio delle Muse” con cui i cittadini presero familiarmente a chiamarlo. All’ingresso dello stesso, un enorme statua di Ermete accoglieva i visitatori; sul suo basamento si poteva leggere: “ STIANO DISCOSTI I PROFANI “, ciò la diceva lunga sul conto in cui venivano tenuti i sacri misteri che vi si custodivano.
Chi avesse voluto far parte del sodalizio doveva sottoporsi ad un lungo periodo di prova.
Coloro che entravano venivano ammessi subito nel Ginnasio, dove li si lasciava liberi di giocare con quelli della loro età.
Si poteva però ben notare che quel Ginnasio non assomigliava a quello della città: non grida, non gruppi rumorosi, non ridicola furfanteria, non la vana mostra degli atleti in erba; ma gruppi di giovani affabili e distinti che passeggiavano a due a due sotto i portici o si esercitavano nell’arena.
Essi erano sottoposti a delle prove per essere ammessi, per esempio, l’aspirante doveva trascorrere un intera notte in un antro, buio e sinistro, situato fuori dalla città.
Non erano pochi coloro che rinunciavano anzitempo, atterriti dalle lugubri sensazioni evocate da quella caverna; altri non avevano la forza ed il coraggio di resistere fino all’alba e solo chi superava questa difficile performance era accolto; gli altri erano esclusi.
Successivamente il giovane veniva sottoposto alla prova morale.
Rinchiuso in una cella, senz’altro alimento che pane e acqua, lo si lasciava al cospetto di una lavagna su cui doveva cercare di risolvere alcuni enigmi del tipo: “ che significato ha un triangolo inscritto in un cerchio? “. Oppure quale segreto racchiudesse la Sacra Tetractis.
Trascorsa un’intera giornata di segregazione, lo si introduceva in un’aula dove erano convenuti tutti gli altri discepoli, e lì doveva sorbirsi la sua buona dose di sarcasmo ed ogni sorta di insulti.
Com’è facile intuire, solo coloro che non reagivano in modo sconsiderato ed insolente verso il maestro ed i loro compagni, ed accettavano pazientemente di ripetere la prova chissà quante altre volte (per poter magari protestare la propria impotenza a risolvere quelle sciarade), venivano accolti. E gente di tal fatta non dovette essere molta!
A quel punto si inaugurava il noviziato vero e proprio che durava da due a cinque anni.
I novizi non avevano alcun diritto di fare osservazioni, né di addurre obiezioni in merito all’insegnamento impartito loro.
Questo status di semplici uditori era efficacemente rappresentato da una statua detta la Musa del silenzio, scolpita nell’atto di atteggiare l’indice verso la bocca!
Nel primo grado di iniziazione grande importanza si annetteva all’amicizia; (così che) ogni affiliato era invitato a cercarsi il suo “mentore” in modo che l’uno potesse essere il complemento dell’altro.
“L’amico è un altro te stesso, per questo bisogna venerarlo come un Dio”.
Aforismi di puritani e massime vecchie e nuove di moralisti hanno sempre sfiorato questa tematica; ma il pensiero Pitagoreo si colloca nel più ampio corollario della dimensione iniziatica pienamente vissuta nel sodalizio di Crotone: in questi termini il discorso dovrebbe approfondirsi per divenire fondamento granitico del mondo degli affetti fra gli uomini.
Non adirarsi con l’amico, ammonisce Pitagora, è un consiglio che può essere capito soltanto vivendo l’Amicizia, il che significa poi realizzare la “conoscenza del rapporto” intimamente nella sua essenzialità.
Già tutta la concezione pitagorea si incontra nella intimità del rapporto amicale che supera e trascende ogni altra relazione meramente sociale e profana: imitare l’amico nel “calmo parlare”, celebra l’amicizia della parola; imitare l’amico nelle “azioni utili”, evoca l’amicizia nella onestà dei comportamenti; il sollevare l’amico dall’ira esalta l’amicizia della reciproca tolleranza.
Difatti nella nuova dimensione esoterica tutte le religioni offrivano un fondamento comune di verità universali, la ricerca delle quali costituiva il fine ultimo dell’iniziato.
Sennonché un gruppo di cinquecento fuorusciti si rifugiò a Crotone trovandovi ospitalità e Telys ne chiese con forza l’estradizione.
“Finché l’Ordine non sarà distrutto, non ci sarà libertà per Crotone”.