Denise – seconda parte.
Eccovi la seconda parte del racconto che aprirà il libro ‘Presenze’ che vedrà la sua pubblicazione entro fine anno.
Sarà un grimorio un po’ particolare dove esperienza ed esoterismo si fondono creando un libro di occultismo, ritengo, unico nel suo genere.
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
‘Salutami Lucia, salutami Lucia mi raccomando.’
Mi trovai seduto sul ciglio della strada, con il cuore a mille, sudato come se avessi corso a perdifiato e senza alcuna cognizione del tempo passato.
Ci misi alcuni minuti a recuperare la mia lucidità.
Ero stranamente tranquillo e lo stato d’animo non era quello di una persona spaventata ma piuttosto di un persona che era stata in una giostra vorticosa che ha provocato confusione e disorientamento.
Ero stranamente tranquillo e lo stato d’animo non era quello di una persona spaventata ma piuttosto di un persona che era stata in una giostra vorticosa che ha provocato confusione e disorientamento.
Proseguii verso casa sempre con quella voce in testa che diceva ‘Salutami Lucia” ed io non conoscevo all’epoca nessuna Lucia.
Non raccontai a nessuno quello che mi era accaduto…..tanto nessuno mi avrebbe dato retta.
Passarono tre anni (i numeri hanno sempre un senso, se ci poniamo attenzione) e ormai il ricordo di quella giornata era sopito.
Passarono tre anni (i numeri hanno sempre un senso, se ci poniamo attenzione) e ormai il ricordo di quella giornata era sopito.
La primavera era arrivata con il suo tepore ed il suo profumo.
Era tempo di andare fuori la sera con gli amici facendo finta di essere già adulti.
Si andava a bighellonare in un locale con un nome evocativo ‘Red Roses’ in cui c’era una piccola sala giochi con un flipper, alcuni videogiochi e il calcetto.
C’era anche un giardinetto dove si stava a chiacchierare dopo aver ‘rigorosamente’ ordinato qualcosa, pena occhiatacce e il giro del barista che ogni quarto d’ora chiedeva: porto qualcosa?
Era il sei maggio.
Arrivai al Red Roses un po’ prima del solito anche perché desideravo farmi un partita ad un videogioco che si chiamava Nibbler.
Con le duecento lire di allora se ero in ‘serata’ ci stavo attaccato anche un paio d’ore.
Avevo un rito ben preciso.
Andavo da Lorenzo (il padrone del bar) e chiedevo una birrina (allora non si facevano alcun problema a servirti alcol anche se non avevi diciotto anni).
Ne bevevo un sorso e poi andavo nell’angolo dedicato ai videogiochi e la ponevo nel porta bicchiere del cabinet (il mobile del videogioco) e cominciavo la mia partita.
Quella sera lo trovai occupato da una ragazza mora e minuta, con un viso incantevole in cui si incastonavano due splendidi occhi neri.
Io sono sempre stato molto imbranato e timido negli approcci, ma quella volta tirai fuori una verve che non mi è mai appartenuta.
– Quanto fai a Nibbler?…se vuoi un corso disponibile!! (a 16 anni non è che si brilli per la classe).
In quel preciso momento il ‘vermone’ del videogioco si schianta su se stesso e sullo schermo appare un laconico ‘Game Over’.
– Hei piccolo, non sono merce per te…sai quanti anni ho?
– No, risposi io…sei solo molto carina..ecco.
– Grazie per il carina, comunque ho ventidue anni e tu ad occhio…..
– Sedici..comunque sei realmente molto bella, risposi sorridendo timidamente. Almeno posso sapere il tuo nome ?
– Lucia, rispose lei.
In quel momento mi passò un brivido lungo la schiena ed il cuore prese a correre…buttai li una frase secca ed immediata a mezzo fiato.
– Sei la figlia di Denise, per caso ?
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante ed irreale.
Ricordo ancora il viso di lei che cambiò espressione, gli occhi che divennero lucidi ed umidi.
– Ci conosciamo ? Conosci mia madre ?
– No, tre anni fa mi chiese di salutarti…..
– Dio mio…chi sei?
– Usciamo da qui che ti racconto, se vuoi.
La sera era ancora chiara ed il tempo pareva essere sospeso.
Il locale era ancora semivuoto ed anche il giardinetto era deserto.
Ci sedemmo uno difronte all’altro.
– Vuoi qualcosa? Dissi io.
– No… rispose Lucia con voce insicura.
– Tre anni fa ho fatto il chierichetto al funerale di tua madre, ma non mi ricordo di te. Quel giorno l’atmosfera era particolare e ho ancora nitidi in mente i volti di chi era alla funzione.
– Non ero in Italia, quando mia madre è morta….Le lacrime le solcavano il viso.
Mi trovavo a Leeds per studio e lavoro e non sono riuscita a rientrare per il funerale a causa si una serie di ‘sfighe’ incredibili…Mia madre era ammalata da tempo divorata dal cancro ai polmoni.
Vi fu un’ altro profondo silenzio interrotto solo dal pianto.
Non ero commosso e nemmeno empatico.
Mi sentivo freddo e distaccato…forse provai un certo senso di disagio, forse le parole non erano sincere.
Il dolore si.
Spezzai il silenzio.
– Tornando a casa quel giorno una voce mi ha raccomandato di salutarti, ed era tua madre.
Mi alzai e uscii dal bar senza aggiungere altro.
Inforcai il mio motorino e mi allontanai nella sera.
Piansi silenziosamente sul pianerottolo di casa, ma fu un consolatorio pianto di liberazione.
Avevo portato a termine il mio compito, che era solo di essere messaggero, un mero tramite.
Quella sera scoprii il senso vero di cosa voleva dire essere un medium.
Ripensai molto al mio comportamento ma ci misi tempo a capire che quella sera, probabilmente, non ero esattamente io, che qualcosa in realtà mi guidava.
Quel senso di sgomento misto a rabbia che avevo nell’animo non mi apparteneva e nemmeno la consapevolezza che Lucia non era sincera.
Per un attimo mi ero trasformato….posseduto?
Mi trovavo a Leeds per studio e lavoro e non sono riuscita a rientrare per il funerale a causa si una serie di ‘sfighe’ incredibili…Mia madre era ammalata da tempo divorata dal cancro ai polmoni.
Vi fu un’ altro profondo silenzio interrotto solo dal pianto.
Non ero commosso e nemmeno empatico.
Mi sentivo freddo e distaccato…forse provai un certo senso di disagio, forse le parole non erano sincere.
Il dolore si.
Spezzai il silenzio.
– Tornando a casa quel giorno una voce mi ha raccomandato di salutarti, ed era tua madre.
Mi alzai e uscii dal bar senza aggiungere altro.
Inforcai il mio motorino e mi allontanai nella sera.
Piansi silenziosamente sul pianerottolo di casa, ma fu un consolatorio pianto di liberazione.
Avevo portato a termine il mio compito, che era solo di essere messaggero, un mero tramite.
Quella sera scoprii il senso vero di cosa voleva dire essere un medium.
Ripensai molto al mio comportamento ma ci misi tempo a capire che quella sera, probabilmente, non ero esattamente io, che qualcosa in realtà mi guidava.
Quel senso di sgomento misto a rabbia che avevo nell’animo non mi apparteneva e nemmeno la consapevolezza che Lucia non era sincera.
Per un attimo mi ero trasformato….posseduto?